“Oggi Greenpeace Italia ha reso pubblico un rapporto shock, contenente importanti rivelazioni e retroscena inediti sulla questione dei Pfas. Si tratta di un lavoro di indagine puntuale e completo sulla sottovalutazione del fenomeno in Italia e in Veneto”.
Ad evidenziarlo, i consigliere regionali del PD Veneto, Andrea Zanoni e Anna Maria Bigon.
“Siamo esterrefatti dalle conclusioni del rapporto. Si sottolinea infatti che ‘a distanza di molti anni manca un quadro chiaro ed esaustivo sulla contaminazione da Pfas negli alimenti, non solo provenienti dalla Regione Veneto ma più in generale a livello nazionale, inclusa tutta l’area del Po. Nonostante i numerosi allarmi sollevati in seguito all’esito di studi e monitoraggi, ad oggi non sono stati presi provvedimenti per tutelare la salute pubblica, ad eccezione del divieto di pesca nella zona rossa in Veneto. Il mancato intervento delle autorità, di fatto, vìola il principio di non discriminazione e, nelle aree del Veneto più contaminate, crea le cosiddette “zone di sacrificio”, com’è avvenuto ad esempio a Taranto per l’inquinamento provocato dall’Ilva e nella Terra dei Fuochi in Campania, dove la popolazione è costretta a vivere in condizioni sproporzionatamente peggiori e pericolose rispetto al resto d’Italia’.
Zanoni viene peraltro citato nel rapporto, precisamente in riferimento a quanto accadde nel novembre 2015, quando chiede, ottiene e pubblica parte dei referti di una ricerca sulla contaminazione degli alimenti: “La Regione – attacca Zanoni – invece di far tesoro di quella ricerca e di valorizzare chi la svolse, decise di mettere ai margini il dottor Giorgio Cester del Servizio Veterinario, che in maniera professionale aveva portato alla luce la contaminazione della catena alimentare”.
In conclusione i due consiglieri annunciano che “una volta studiato il rapporto di Greenpeace, depositeremo una nutrita interrogazione, affinché la Regione chiarisca tutti questi inquietanti aspetti che hanno portato l’area del Veneto contaminata da PFAS a diventare una ‘zona di sacrificio’, come l’Ilva di Taranto e la Terra dei Fuochi in Campania”.