Venezia, 11 agosto 2023. Negli ultimi otto anni l’Agenzia regione per l’Ambiente Arpav ha condotto all’Aeroporto Canova di Treviso soltanto due verifiche, nel 2015 e nel 2020 e nessuna di queste ha incluso ricerche sui Pfas, che pure vengono generalmente impiegati nelle schiume antincendio, mentre nelle operazioni di sghiacciamento (deicing) dei velivoli, viene spruzzata una miscela di acqua calda e fluido decongelante contenente glico etilene e propilene.
E’ questo l’esito dell’accesso agli atti all’Arpav effettuato dal consigliere regionale Pd Andrea Zanoni che ora, con la collega Anna Maria Bigon, interroga la giunta regionale veneta per conoscere quali iniziative intenda mettere in atto per verificare l’eventuale esposizione dei lavoratori alle sostanze perfluoroalchiliche, i Pfas, in tutti i contesti aeroportuali civili della nostra regione.
“Preoccupato per i Pfas utilizzati negli aeroporti ho voluto vederci chiaro e verificare come l'agenzia ambientale veneta incaricata ai controlli ambientali avesse monitorato la questione – spiega Zanoni –. Con mia sorpresa per quanto riguarda Treviso ho scoperto che nei soli unici due controlli effettuati negli ultimi 8 anni hanno incredibilmente cercato di tutto ma mai i PFAS nonostante la situazione di allarme in Veneto per questo tipo di sostanze. Dopo lo scandalo della Miteni sono stati fatti controlli anche nelle discariche ma non negli aeroporti dove lavorano e transitano migliaia di persone. Ecco perché per vederci chiaro ora chiediamo agli assessori alla Sanità e Ambiente, Lazzarin e Bottacin, di fare chiarezza in merito”.
I consiglieri Dem chiedono, pertanto, “un'indagine accurata sulla storia pregressa, sulle tipologie e i quantitativi di prodotti chimici lavorati, utilizzati, o in deposito negli anni” precisando che “tali indagini devono includere attente verifiche sugli scarichi aeroportuali per ricercare eventuali contaminazioni di falde, fiumi o della Laguna”. Il dilavamento, dovuto alle acque meteoriche, potrebbe infatti aver allargato il livello di inquinamento.
Inoltre, “dal momento che non si hanno informazioni su eventuali monitoraggi effettuati dalle Aziende Ulss nell’ambito della medicina del lavoro e igiene, sarebbe prioritaria una campagna di biomonitoraggio dei lavoratori aeroportuali, compresi quelli in quiescenza”. Azione da estendere, concludono Zanoni e Bigon, “anche alla popolazione residente nei pressi degli scali e non solo, dato che i corsi d’acqua, se contaminati, potrebbero avere espanso a dismisura gli inquinanti”.
Nello specifico, l’interrogazione chiede di conoscere “tipologia e quantità delle sostanze perfluoroalchiliche e di glico etilene e propilene impiegate negli aeroporti Canova di Treviso, Catullo di Verona e Marco Polo di Venezia”; le modalità di smaltimento delle suddette sostanze; le autorizzazioni in essere per quelle in giacenza; l’esistenza di protocolli o procedure a tutela dei lavoratori ed eventuali biomonitoraggi già svolti.
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