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Made In, il Parlamento europeo non getta la spugna

L’Aula di Strasburgo approva una risoluzione per chiedere alla Commissione di non abbandonare il regolamento sull’indicazione dei Paesi di origine per i prodotti importati in Ue. Zanoni: “Norma fondamentale per tutelare le Pmi e i consumatori europei”.

 

“Le regole sul Made in sono una sacrosanta misura di trasparenza a tutela dei cittadini consumatori volta a valorizzare, non solo la nostra produzione di qualità, ma anche il rispetto della severa normativa europea in materia sociale e ambientale”. Lo dice Andrea Zanoni, eurodeputato IdV, a margine dell’approvazione a grande maggioranza del Parlamento europeo di una risoluzione comune oggi a Strasburgo sul Made In. “Precisare il Paese d’origine nell’etichettatura dei prodotti importati nell’Unione  europea da Paesi terzi, come vestiti scarpe o gioielli, è una necessaria misura commerciale per  accrescere la competitività delle imprese  europee, ed in particolare delle Pmi, nei confronti dei loro concorrenti membri dell’Organizzazione Mondiale del commercio”.

 

Dopo aver criticato la decisione della Commissione di ritirare il regolamento sul “Made In”, che aveva ricevuto il forte sostegno del Parlamento nel 2010, gli eurodeputati hanno chiesto oggi a gran voce una nuova proposta. Dopo la decisione della Commissione, lo scorso ottobre Zanoni insieme ai colleghi Cristiana Muscardini (ECR) insieme a Gianluca Susta (S&D) e Niccolò Rinaldi (ALDE), aveva inviato una lettera al Premier italiano Mario Monti per chiedergli di non lasciar cadere il Made In nel dimenticatoio in sede di Consiglio europeo.

 

“L’obbligo di apporre un marchio di origine vige da anni in altri Paesi come gli Stati Uniti, Cina o Brasile e se adottato anche dall’Ue ci porrebbe semplicemente su un piano di parità con questi altri partner commerciali”, spiega Zanoni. “Solo grazie ad un’etichettatura che precisi il marchio d’origine, i cittadini europei possono essere informati e sapere se i prodotti che acquistano sono integralmente realizzati in Paesi extra-europei”.

 

“Dobbiamo moltiplicare i nostri sforzi e cercare di arrivare ad una soluzione per dotare l’Unione di chiare regole sul Made In. Ce lo chiedono i cittadini europei”, conclude l’eurodeputato.

 

BACKGROUND
 
La Commissione Ue ha rinunciato a portare avanti la proposta di regolamento sul Made In perché, dopo sette anni di discussioni, ha dovuto prendere atto che era diventata sostanzialmente ”impraticabile” a causa dell’impossibilità di raggiungere il necessario consenso da parte di un numero sufficiente di Stati membri.
 
L’obiettivo del Made In, fortemente voluto dall’Italia, era quello di premiare le scelte di quegli industriali che non delocalizzano le loro produzioni in Paesi extra-Ue introducendo l’obbligo di specificare dove la maggior parte del prodotto viene in realtà realizzato. Due anni fa la proposta era stata approvata dal Parlamento europeo. In questi ultimi mesi la frattura Nord-Sud all’interno dell’Ue tra gli 11 Paesi pro e i 14 contro sul Made In è diventata radicale. Tra le ragioni addotte dalla Commissione per il ritiro c’è anche il silenzio per due anni da parte del Consiglio, incapace di saper dirimere il perenne conflitto tra Paesi produttori e Paesi solo importatori.

 

Ufficio Stampa Eurodeputato Andrea Zanoni
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