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Guarda (AMP), Zanoni (PD), Ruzzante (LeU), Bartelle (IiC): “Approvata alla Camera mozione per lo stop all’export delle bombe dirette in Yemen. Primo passo importante, ma serviva più coraggio”

Venezia, 27 giugno 2019

“Un primo passo, importante, anche se non sufficiente. Bene che vi sia un’indicazione per lo stop all’esportazione di bombe e missili dirette ad Arabia Sauditi ed Emirati impiegate contro i civili in Yemen, ma dovevano essere bloccate anche le altre armi”. È quanto affermano Cristina Guarda (AMP), Andrea Zanoni, Piero Ruzzante (LeU) e Patrizia Bartelle (IiC), commentando il via libera della Camera alla mozione della maggioranza Lega-Cinque Stelle, su cui si sono astenuti sia LeU che Partito Democratico, che avevano presentato mozioni con maggiori divieti bocciate però dall’aula. 

 

“Indubbiamente serviva più coraggio, ma adesso abbiamo comunque un’indicazione precisa e vincolante per il Governo. La convergenza delle volontà di partiti di diversa estrazione è però un successo.  È evidente che una mozione di intenti è ben distante dal rispondere concretamente alla volontà di cittadini e lavoratori, come quelli del porto di Genova, che hanno lanciato un messaggio operativo e culturale fortissimo. E con loro le città e i consigli comunali che hanno sostenuto la battaglia, dando voce a un principio fondamentale della nostra Repubblica, della nostra comunità. L’Italia ripudia la guerra, è scritto nella nostra Costituzione. La promozione della pace, però, non si esaurisce nei buoni propositi o nei servizi di volontariato, servono scelte forti e coerenti.

 

Auspico che questa votazione oltre a fermare l’esportazione di bombe che uccidono indiscriminatamente civili, possa aprire una discussione e un impegno politico per la promozione di percorsi di riconversione industriali. Abbiamo una legge, la 185/90, applichiamola. Questa legge – sottolineano i consiglieri – vieta la vendita di sistemi d’arma italiani a Paesi in conflitto e che violano gravemente i diritti umani. Ma dobbiamo insistere sulla riconversione delle fabbriche di armi, perché non è accettabile che, ancora oggi, interi territori del nostro Paese siano consegnati al ricatto tra il lavoro assicurato da una ‘filiera di morte’ e il rischio della disoccupazione”.

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