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Rifiuti: da quelli urbani fino a 1 milione di tonnellate l’ anno di css utilizzandoli nel settore industriale, in particolare nei cementifici

RIFIUTI: DA QUELLI URBANI FINO A 1 MILIONE DI TONNELLATE L’ANNO DI CSS UTILIZZANDOLI NEL SETTORE INDUSTRIALE, IN PARTICOLARE NEI CEMENTIFICI Roma, 4 mar. – (Adnkronos) – Da rifiuti ad energia, cosi’ si alleggeriscono le discariche e si scongiura il rischio di costruire inceneritori. Gli ambientalisti non fanno muro alla possibilita’ di utilizzare i rifiuti per generare energia, a patto che il recupero energetico avvenga solo alla fine di un ciclo integrato basato sulla corretta raccolta e sul riciclaggio, utilizzando quindi cio’ che proprio non puo’ essere recuperato dai rifiuti. Il contributo in Italia dell’impiego nel settore industriale, in particolare nei cementifici, dei Combustibili solidi secondari (i cosiddetti Css), ottenuti dai rifiuti urbani (o Ru), oscilla tra le 800 mila e 1 milione di tonnellate all’anno. Un “contributo importante, vista anche l’esperienza di altri Paesi europei, anche se non decisivo nel risolvere il problema dei rifiuti”, spiega all’Adnkronos Daniele Fortini, presidente di Federambiente, per il quale la disciplina sulla combustione dei rifiuti “deve essere tecnica e uguale sia per gli inceneritori che per i cementifici”. Quanto ai tempi autorizzativi troppo lunghi, Fortini non e’ d’accordo: “per l’inceneritore di Torino, ad esempio, ci sono voluti 3 anni per l’autorizzazione integrata ambientale” e non sei. Secondo il presidente di Federambiente puntando tutto solo sul riciclo si rischia “di ricorrere alle discariche per altri 20 anni”. Il mix vincente e’ combinato “dal riciclo e dal recupero energetico dei rifiuti”. I rifiuti, comunque, meglio utilizzarli per generare energia all’interno di uno stabilimento industriale (magari soppiantando altri tipi di combustibili, tipo il petcoke), piuttosto che costruire altri inceneritori. E’ la posizione di Stefano Ciafani, vice presidente di Legambiente, che all’Adnkronos specifica che gli impianti in grado di attuare un’operazione del genere “sono i cementifici, tanti in Italia visto che il nostro Paese e’ tra i maggiori produttori di cemento al mondo, e le centrali a carbone” e che si tratta di un’operazione “gia’ diffusa in Germania e, anche se in maniera minore, anche in Italia”. “Il ciclo integrato dei rifiuti prevede che il recupero energetico si faccia solo alla fine, dopo la corretta raccolta e il riciclaggio dei rifiuti, ovvero sulla percentuale del 25-30% che resta dopo tale ciclo, quantita’ che poi va trattata e dalla quale resta un 10% finale di frazione combustibile non altrimenti riciclabile. A quel punto – aggiunge Ciafani – piuttosto che costruire l’ennesimo inceneritore che funziona per pochi anni, puo’ aver senso portare il combustibile da rifiuti nei cementifici. Si tratta di una soluzione transitoria efficace, soprattutto nelle grandi aree urbane dove la percentuale residua di rifiuti non piu’ riciclabile rappresenta comunque una grande quantita’”. In piu’, spiega Ciafani, un impianto “che bruci petcoke, rispetta limiti di legge troppo alti perche’ questo e’ classificato come combustibile e non come rifiuto, ma se brucia rifiuti, tali limiti di legge si abbassano ai livelli di quelli degli inceneritori”. Meglio, quindi, percorrere questa strada, in un Paese “in cui non si devono costruire piu’ impianti di incenerimento, e se ci sono situazioni dove si deve fare recupero di energia da rifiuti e’ meglio farlo attraverso gli impianti industriali, questo vale per la Sicilia e per l’Umbria e per alcune zone del nord Italia come il Piemonte”. Non e’ invece d’accordo Slow Food. Per il responsabile Ambiente dell’associazione, Silvio Greco, bruciare rifiuti negli impianti di produzione di cemento ”e’ una iattura. Bisogna riciclare e differenziare rispondendo cosi’ alle indicazioni che arrivano dall’Unione Europea”. Secondo Greco ”andare a bruciare i rifiuti nei cementifici e’ un segno di totale violenza verso l’ecosistema e la salute dei cittadini”. I contaminanti ”che si disperdono nell’ambiente si possono ritrovare anche nei cibi mettendone a rischio la qualita’ che per noi e’ fondamentale”. (Mst/Opr/Adnkronos) 04-MAR-13 14:05 NNNN

 

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