ANDREA

ZANONI

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Fukushima un anno dopo, mai più nucleare

Strasburgo, 12-03-2012

Un anno fa il Giappone veniva scosso dalla più grande tragedia nucleare della sua storia. Un anno fa 20 chilometri quadrati di Giappone venivano rasi al suolo e dichiarati successivamente “inadatti alla vita”.
Un anno fa radiazioni nucleari venivano irradiate per centinaia di chilometri quadrati  non risparmiando niente e nessuno. Oggi al Parlamento europeo di Strasburgo abbiamo ricordato quella tragedia, una tragedia che ha lasciato una profonda ferita della terra e nell’anima di un popolo.
Purtroppo sembra che le tragedie non bastino mai a far cambiare il mondo, almeno in meglio. Dopo qualche anno, a volte qualche mese, si dimentica tutto come se nulla fosse successo. Ecco che nelle settimane successive al disastro anche qui in Europa tutti sembravano essere sempre stati contro il nucleare, i promotori del “progresso a tutti i costi” sembravano di colpo scomparsi e l’Europa sembrava pronta ad abbandonare tutte le velleità dell’atomo. Addirittura il Commissario Ue all’Energia, il tedesco Günther Oettinger, disse pubblicamente che era arrivato il momento per l’Europa di iniziare a pensare il proprio futuro senza energia nucleare. Da lì ecco sbocciare i fatidici “stress test”, i test sulla sicurezza di tutti i reattori tuttora attivi nel continente, alcuni vecchi più di trent’anni.

In Italia la tragedia di Fukushima ha dato la spinta definitiva al livello record di No raggiunto con la consultazione popolare dello scorso giugno, dove milioni di italiani hanno chiuso per sempre con questa forma antica e pericolosa di energia che nel nostro Paese, grazie al Cielo, non ha mai preso piede. Purtroppo il sentimento anti nucleare, condiviso dalla maggioranza degli italiani, non è condiviso da tutti i Paesi europei, anche se sempre più persone si stanno convincendo di questa idea. Purtroppo interessi e lobby del settore sono e restano molto forti, da qui la battaglia portata avanti quotidianamente per riaffermare il nucleare come necessario e sbiadire la sua pericolosità palesata da tragedie come quella di Fukushima. Un esempio? Prendiamo gli stress test Ue. Se all’inizio dovevano essere imposti a tutti i reattori e comprendere le misure più restrittive dal punto di vista della sicurezza, con il passare dei mesi il logorio della lobby del nucleare si è fatto sentire, tant’è che alcuni loro contenuti sono stati più che annacquati. Ecco, ad esempio, la variante “attentati terroristici”, cancellata dalla bozza iniziale come “non importante” nonostante proprio le centrali nucleari costituiscono notoriamente gli obiettivi principali di tali attentati. Qual è il prezzo della nostra sicurezza?

Parlare in Aula a Strasburgo di quanto è successo un anno fa a Fukushima ha fatto rivedere a tutti noi quelle scene terribili di vite spezzate, di tute bianche anti radiazioni, di aria irrespirabile. Il problema del ricordo è proprio il suo ineffabile sbiadire, lo sparire dalle menti di tutti noi della sua carica di dolore e sofferenza. Entro il prossimo luglio sono attesi a Bruxelles i risultati degli stress test lanciati in pompa magna l’anno scorso. Sarà interessante verificare quanto effettivamente emergerà da queste analisi sulle quali aleggiano già molti dubbi, in termini di efficacia, completezza e indipendenza.

Oggi ricordiamo Fulkushima e tutti quei giapponesi che hanno visto la propria vita sconvolta da una fusione imprevedibile ed inarrestabile. Oggi ricordiamo Fukushima e quei 20 chilometri quadrati di Terra “inadatti alla vita”. Quale prezzo ha la nostra sicurezza?

Andrea Zanoni

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