Vedelago (TV), il TAR boccia il ricorso contro la cava

Il Tribunale Amministrativo del Veneto ha dichiarato inammissibile il ricorso del Comune di Vedelago (TV) contro l’ampliamento della cava di ghiaia “Casacorba”. L’europarlamentare Andrea Zanoni (Idv) ha affermato: «I giudici veneti hanno ritenuto che il Comune non sia legittimato a ricorrere per mancanza di interesse specifico: è inverosimile che un amministrazione non abbia il diritto di tutelare il proprio territorio contro uno scempio ambientale».

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Veneto ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal Comune di Vedelago (TV) contro l’ampliamento della cava di ghiaia “Casacorba”. Con la sentenza pronunciata dalla Seconda Sezione, il Tar ha dato ragione alla ditta Ceotto srl e alla Regione, che aveva autorizzato l’ampliamento della cava e ha condannato il Comune al pagamento delle spese processuali, pari a 2 mila 500 euro.

 

Nel 2009, il Comune di Vedelago aveva presentato ricorso al Tribunale Regionale ritenendo che gli scavi per l’ampliamento avrebbero deturpato il territorio. In particolare era stata impugnata la delibera del 7 luglio 2009 con cui la Regione aveva autorizzato l’ampliamento della cava della ditta Ceotto per quasi tre milioni di metri cubi. Tecnicamente l’opposizione si fondava sulla legge del 1982 sulle attività estrattive.

 

Con questa sentenza il TAR non si è pronunciato nel merito, ma ha dichiarato inammissibile il ricorso del Comune, non riconoscendo l’esistenza di un interesse diretto e specifico del ricorrente, ovvero dell’Amministrazione di Vedelago.

 

L’eurodeputato Andrea Zanoni, membro della Commissione ENVI Ambiente, Salute Pubblica e Sicurezza Alimentare al Parlamento europeo ha affermato: «Di inammissibile in questa vicenda c’è solo che ad un Comune non sia riconosciuto il diritto di difendere il proprio territorio da uno scempio ambientale qual è l’ampliamento di 703 mila metri cubi di una cava che, con il suo buco di 4 milioni di metri cubi già presente, raggiungerebbe dimensioni straordinarie».

 

Già nel 2001 era stato autorizzato un ampliamento di 700 mila metri cubi della cava “Casacorba”. Dopo questo intervento, il sito aveva raggiunto la dimensione di oltre 4 milioni di metri cubi. Nella sentenza del TAR si legge che per tale motivo “l’incidenza ambientale e paesaggistica dell’ultimo ampliamento di ulteriori 703.496 metri cubi è relativamente modesta, considerato anche il contesto paesaggistico interessato da tale intervento che, come si legge nel parere n. 223 del 14.01.2009 della Commissione Regionale VIA, allegato all’autorizzazione, non presenta particolari elementi caratterizzanti da porre in evidenza, né ha particolare carattere scenico, in quanto, nelle vicinanze vi sono elettrodotti, altre cave, zone industriali, infrastrutture viarie e la valenza paesaggistica della zona si è pertanto decisamente degradata”.

 

«Invito il Comune a rivolgersi al Consiglio di Stato per ottenere giustizia – ha concluso Zanoni – Siamo di fronte ad un’operazione che metterebbe a grave rischio la falda acquifera. Dalla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), infatti, si appura che la cava è con falda affiorante e l’ampliamento di 703.496 metri cubi avverrebbe a due passi dal laghetto di cava presente. Lo scavo arriverebbe fino al massimo di 30 metri sul livello del mare mentre la falda arriverebbe al massimo tra 27,6 e 29 metri sul livello del mare. Sempre nel parere rilasciato dalla Commissione Regionale nel 2009 si legge che si tratta di un terreno ad elevata permeabilità che consente l’infiltrazione nel sottosuolo di rilevanti portate d’acqua e l’alimentazione continua dei serbatoi sotterranei. A questo si aggiunge la preoccupazione che l’ampliamento apra anche la strada per usare in futuro l’attuale cava come discarica. Il TAR ha giustificato l’ampliamento con la considerazione che si inserirebbe in un contesto già compromesso dal punto di vista ambientale. Spero che sia stata una svista: se questa fosse la linea da seguire il nostro territorio già massacrato da cemento e asfalto non avrebbe più alcuna speranza e dovrebbe solo aspettare il colpo di grazia».

 

Anche 3 ditte concorrenti, con cave confinanti, nel 2009 avevano fatto ricorso al TAR contro la Ceotto srl, ma anche per loro il TAR ha deciso che non avevano interesse specifico.

 

 

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