In Veneto si rischia di diventare famosi nel mondo non per la tutela della natura, ma per il bracconaggio tollerato dalle istituzioni.
Lo scorso gennaio, in seguito a un’operazione dei Carabinieri Forestali tra il Piovese e la provincia di Venezia, sono state denunciate quattro persone e sequestrati ben 1.400 uccelli, alcuni di specie protette, rinvenuti in un garage adibito a macello clandestino e in parte provenienti dall’azienda faunistico-venatoria dove aveva cacciato anche Donald Trump Jr.
Alla luce di tutto ciò quella stessa azienda è stata messa sotto indagine per bracconaggio.
Tempestivamente avevo presentato un’interrogazione, sottoscritta anche dal collega Masolo, per chiedere alla Regione la revoca della concessione.
La risposta arrivata il 15 aprile è scandalosa: nessuna revoca, solo richieste di “approfondimenti” alla Polizia della Città Metropolitana di Venezia.
È evidente che la Regione vuole temporeggiare, evitare di agire, e lasciare che un caso gravissimo — con tanto di uccisione, per mano del figlio di Trump JR, di una Casarca, specie protetta — venga insabbiato o dimenticato.
Ma noi non dimentichiamo. Se davvero la Regione vuole combattere seriamente il bracconaggio dovrebbe prevedere per le aziende faunistico-venatorie l’obbligo di consegnare le chiavi delle aree demaniali ai Carabinieri Forestali, oggi costretti a suonare il campanello e attendere delle mezz’ore prima di entrare, proprio come fossero ospiti sgraditi.
Chi copre questi abusi è semplicemente complice.