L’8 gennaio scorso il presidente della Provincia di Treviso, Leonardo Muraro, ha rilasciato alcune dichiarazioni al quotidiano “Il Treviso”, riportate in un articolo di Lara Santi dal titolo “Discarica di amianto Muraro: non ci sarà alcuna bonifica”, alcune delle quali pubblicate anche in altri quotidiani. Esse riferiscono al contenzioso legale aperto dal Comune di Paese contro il gruppo Mosole e la Provincia di Treviso, in merito al ricorso in appello al Consiglio di Stato contro la discarica di amianto La Terra di Paese (TV). Dalle dichiarazioni sembrerebbe che a Muraro siano già noti i contenuti della sentenza del Consiglio di Stato, peraltro non ancora pubblicata, dell’udienza romana del 15 dicembre 2006. Quest’ultima rientra nel ricorso intentato dal Comune di Paese contro l’autorizzazione della discarica d’amianto La Terra, autorizzazione rilasciata nel 2004 dalla Provincia di Treviso, quando Muraro ricopriva la carica di assessore all’ambiente, e le cui recenti esternazioni sulla stampa locale sembrano assolvere il gruppo Mosole da qualsiasi obbligo di bonifica del sito perché la discarica avrebbe operato nella piena legittimità. Muraro ha inoltre dichiarato che “l’amianto resterà per sempre sotterrato a Castagnole”, “sia gli accertamenti dell’ARPAV, che le visite del NOE e degli ispettori dell’ULS, hanno mai evidenziato dispersioni di nanoparticelle di asbesto nell’aria”, “l’amianto è nocivo solo in forma volatile, non esiste alcun pericolo di dilavamento”, “la sua chiusura ha rappresentato un reale danno per l’ambiente”, “che la discarica Tiretta è il vero problema ambientale di Paese”. Il Consiglio di Stato, interpellato da Paeseambiente successivamente alle dichiarazioni di Muraro, ha risposto per iscritto che “La sentenza, infatti, è in lavorazione presso la cancelleria della sezione”. Quindi sarà solo dopo il formale deposito della sentenza che si potranno conoscere i contenuti della stessa e la loro portata. Crediamo che il presidente Muraro con queste affermazioni dimostri di aver forse dimenticato alcuni dati utili alla questione. Sul fatto che la discarica ha operato in piena legittimità va ricordato che è stata la provincia stessa ad aver revocato l’autorizzazione della discarica, con un decreto datato 22 agosto 2005. Successivamente a tale data, e sino a fine febbraio 2006, l’amianto è arrivato in discarica solo grazie ad un’ordinanza di “sospensiva” del TAR del Veneto emanata grazie ad un ricorso della ditta. Il conferimento di amianto è avvenuto non solo nel 2005, come dice Muraro, ma è proseguito a ritmi forsennati anche nei mesi di gennaio e febbraio del 2006, quando c’era già la certezza della chiusura, ma mancava il blocco della provincia disposto con decreto Dirigenziale n.165/2006 dell’1 marzo 2006. L’emendamento al decreto “milleproroghe” di chiusura delle discariche per inerti di vecchio tipo, tra l’altro, era già stato approvato in data 2 febbraio 2006, data dalla quale a Paese sono continuati ad arrivare decine e decine di carichi di rifiuti di amianto. In merito all’eventuale bonifica dei circa 100.000 metri cubi di rifiuti di amianto già conferiti nella discarica va detto che nel caso il Consiglio di Stato riconoscesse nel comune di Paese il creditore di tale bonifica, le responsabilità per l’amianto conferito fino all’agosto 2005 dovrebbero essere solo della Provincia in quanto il gestore ha semplicemente usufruito delle autorizzazioni concesse dalla stessa. La ditta Mosole invece, avendo presentato ricorso e ottenuto la sospensiva della revoca in data 12 ottobre 2005, potrebbe essere responsabile di ogni eventuale bonifica del materiale depositato da tale data. Giovano alcune precisazioni in merito alle posizioni altalenanti del Presidente Muraro. Nell’ottobre 2004 Muraro, l’allora assessore all’Ambiente, autorizzava l’apertura della discarica, discarica di cui, in data 22 agosto 2005, autorizzava quindi la chiusura nonostante la diffida formale datata 3 agosto 2005 della ditta Mosole a procedere in tale senso. 8 Gennaio 2007: Muraro difende l’operato di Mosole. In merito ai presunti danni ambientali che la chiusura della discarica La Terra avrebbe, sempre secondo Muraro, cagionato, forse i soli danni, all’evidenza dei fatti, parrebbero essere di natura esclusivamente economica, alle spese delle tasche dei titolari della discarica, non certo della salute dei cittadini, finalmente fatti salvi dal continuo andirivieni di camionate di amianto, giorni festivi inclusi. La società “La Terra”, infatti, di fronte ad un piano finanziario che prevedeva 996.500 Euro di costi per la realizzazione della discarica, nell’anno 2005, dopo aver conseguito ricavi per 4.043.042 Euro pur con una discontinuità di esercizio (dovuta alla partenza dei conferimenti datata 1 marzo 2005 e alla chiusura dal 23 agosto al 12 ottobre 2005, ovvero al funzionamento di circa 184 giorni), ha registrato un utile (al netto di spese, tasse e ammortamento dell’impianto) pari a ben 1.343.450 Euro. Ovvero una media pari a circa 150.000 euro di utili al mese cioè di 7.300 euro per ogni giorno di esercizio. Sugli accertamenti ambientali che non avrebbero portato ad alcun rilievo di fibre ricordo a Muraro che questi sono stati effettuati dopo una settimana di intense piogge che, come tutti sanno, sono il toccasana per eliminare gli inquinanti dell’aria, in ogni caso l’assenza di fibre non esclude che l’autorizzazione possa essere illegittima. Sul fatto che l’amianto è nocivo solo in forma volatile e che pertanto dove sta, a pochi metri dalla falda acquifera, non rappresenta alcun pericolo, ci permettiamo di ricordare a Muraro che la ricerca scientifica ha evidenziato come sia impossibile escludere una relazione tra esposizione ad asbesto, dovuta ad ingestione tramite l’acqua potabile, cancro alla laringe o alle vie gastro intestinali. In merito al dilavamento non c’è alcuna garanzia che con gli anni eventuali escursioni della falda acquifera non investano l’amianto seppellito e che le piogge non dilavino fibre d’amianto in falda, bypassando i sistemi di drenaggio, a nostro avviso ciò significa che esiste un concreto rischio di contaminazione delle falde acquifere. Sulla discarica Tiretta di Padernello, citata da Muraro, gradiremmo conoscere, visto che parliamo di soldi dei contribuenti, l’entità dei fondi della provincia messi a disposizione per la sua bonifica nonché la tempistica della sua realizzazione dato che sono anni che questa inquina con particolare riferimento ai pozzi di acqua dei cittadini di Quinto. Infine, vorremmo sapere perché i rifiuti tossico-nocivi, conferiti illegalmente nella discarica per “inerti” di via Veccelli a Padernello di Paese, gestita dalla ditta S.E.V. srl ora fallita, non sono ancora stati rimossi. In data 18 luglio 2005, infatti, è stato avviato il procedimento amministrativo volto all’esecuzione dell’intervento sostitutivo da parte della Provincia di Treviso per il completamento degli interventi di rimozione dei rifiuti non conformi. Le risorse finanziare dovrebbero già essere nella disponibilità della Provincia che riteniamo abbia provveduto, ben prima del fallimento della SEV, all’escussione della fideiussione per Euro 2.616.120, scaduta il 31 ottobre del 2005. Andrea Zanoni, Presidente di Paeseambiente