ANDREA

ZANONI

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Caccia nei parchi, ricorso contro la legge della Regione Veneto

L’eurodeputato Andrea Zanoni denuncia ai ministri dell’ambiente e degli affari regionali  l’incostituzionalità della legge regionale del Veneto che autorizza la caccia nei parchi. “La tragedia sfiorata nel Parco Colli è il risultato delle armi portate in una zona protetta. Ci sono altri modi di contenimento dei danni da animali: ecologici e non cruenti” 

 

La tragedia sfiorata nel Parco Colli sul Monte Castello, a Calaone (PD), la dice lunga su cosa vuol dire la nuova legge regionale sulla gestione della fauna selvatica che di fatto da il via libera alla caccia nei parchi con la scusa di contenere la popolazione animale”. E’ l’attacco di Andrea Zanoni, eurodeputato ALDE e vice presidente dell’Intergruppo Benessere degli Animali al Parlamento europeo, che ha scritto una lettera al ministro  per gli Affari Regionali  e le Autonomie, Graziano Delrio, e al ministro dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare, Andrea Orlando, per chiedere di ricorrere alla Corte Costituzionale contro la legge regionale Veneto n. 6 del 23 aprile 2013 “Iniziative per la gestione della fauna selvatica nel territorio regionale precluso all’attività venatoria” che amplia le ipotesi di “piani di abbattimento” della fauna selvatica all’interno dei “territori preclusi all’esercizio della attività venatoria”, comprese le aree naturali protette nazionali e regionali.

 

I sei operatori del Parco Colli che l’altra notte erano in sopralluogo per uccidere i cinghiali nel parco, sono stati mancati per un soffio da una fucilata sparata da un ignoto cacciatore, forse un bracconiere, sul quale stanno adesso indagando le forze dell’ordine – racconta Zanoni – Ecco cosa vuol dire portare le armi in un’area protetta. Non ci sono armi buone o cattive, sono tutte armi pericolose che dai parchi dovrebbero stare lontane. Trovo aberrante e disumano il fatto che le autorità uccidano i cinghiali in primavera, ovvero in presenza di mamme con i cuccioli che rischiamo di rimanere orfani, condannandoli ad una morte atroce di stenti per fame e sete, o vittime dei predatori”.

 

L’eurodeputato non ha dubbi: “Un parco regionale dovrebbe bandire tutte le armi dal suo territorio e per contenere davvero la popolazione di una determinata specie animale dovrebbe adottare metodi ecologici (vedi articolo 19 L.157/92) diversi da quelli cruenti che altro non sono che un regalo alla lobby dei cacciatori e un potenziale fattore di rischio”.

 

Per questo, Zanoni, con l’associazione ambientalista Gruppo d’Intervento Giuridico, chiede ai ministri dell’Ambiente e delle Politiche regionali di valutare “uno specifico ricorso governativo alla Corte costituzionale ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione contro la legge regionale Veneto n. 6 del 2013 per lesione delle competenze legislative statali costituzionalmente garantite”.

 

La maggioranza  del Consiglio Regionale del Veneto ha approvato questa legge, il che vuol dire che nel caso si verificassero incidenti più gravi di quello sfiorato l’altra notte, qualcuno dovrà assumersene anche la responsabilità politica”, conclude Zanoni.

 

BACKGROUND

 

La legge regionale Veneto 23 aprile 2013, n. 6 “Iniziative per la gestione della fauna selvatica nel territorio regionale precluso all’attività venatoria” prevede disposizioni tese a sostenere e ampliare le ipotesi di “piani di abbattimento” della fauna selvatica all’interno dei “territori preclusi all’esercizio della attività venatoria”, comprese (in quanto non esplicitamente escluse) le aree naturali protette nazionali e regionali di cui alla legge n. 394/1991 in violazione delle competenze statali in materia di tutela dell’ambiente ai sensi dell’art. 117, comma 1°, lettera s, cost. L’art. 2, comma 2°, di tale legge, prevede una procedura sostitutiva degli Enti di gestione delle aree naturali protette, unici titolari delle competenze in tema di “eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici” (artt. 11, comma 4, e 22, comma 6, della legge n. 394/1991): “agli enti titolari delle funzioni di gestione faunistica che non provvedono ad adottare gli atti di propria competenza relativi all’attuazione della presente legge, il Presidente della Giunta regionale, previa comunicazione al Consiglio delle autonomie locali, assegna un congruo termine, non inferiore a quindici e non superiore a trenta giorni, per provvedere, salvo deroga motivata da ragioni di urgenza. Decorso inutilmente tale termine, il Presidente della Giunta regionale, sentiti gli enti inadempienti, nomina un commissario ad acta che provvede in via sostitutiva”.

 

Il divieto di caccia in via generale in tutte le aree naturali protette nazionali e regionali è previsto dagli artt. 11, comma 3, lettera a (primo periodo), e 22, comma 6, della legge n. 394/1991, nonché dall’21, comma 1, lettera b, della legge n. 157/1992, mentre gli “eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici … devono avvenire in conformità al regolamento del parco o, qualora non esista, alle direttive regionali per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell’organismo di gestione del parco e devono essere attuati dal personale da esso dipendente o da persone da esso autorizzate scelte con preferenza tra cacciatori residenti nel territorio del parco, previ opportuni corsi di formazione a cura dello stesso Ente” (artt. 11, comma 3, lettera a (primo periodo), e 22, comma 6, della legge n. 394/1991 e s.m.i.)

 

 

Ufficio Stampa Eurodeputato Andrea Zanoni

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