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Acqua contaminata da sostanze perfluoroalchiliche, spetta alle autorità italiane intervenire

 Il Commissario Ue all’Ambiente risponde all’eurodeputato Andrea Zanoni sul caso della contaminazione delle acque potabili di trenta comuni veneti: la direttiva Ue acqua potabile prevede che siano i Paesi membri a intervenire. Zanoni: “Le autorità locali la smettano di dire che non c’è alcun rischio e promuovano immediatamente uno screening sanitario dei cittadini dei comuni coinvolti”

 

“La direttiva sull’acqua potabile non stabilisce valori limite per il contenuto di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) ma lascia agli Stati membri il compito di fissarli qualora sia necessario per tutelare la salute umana” pertanto “la presenza di PFAS nell’acqua potabile è soprattutto un problema locale che dovrebbe ridursi nel tempo per effetto della richiamata legislazione e dello sviluppo di linee guida negli Stati membri”. E’ la risposta del Commissario Ue all’Ambiente Janez Potočnik all’interrogazione di Andrea Zanoni, eurodeputato ALDE e membro della commissione ENVI Ambiente, Sanità Pubblica e Sicurezza Alimentare al Parlamento europeo, sulla contaminazione delle acque potabili di trenta comuni veneti da sostanze perfluoroalchiliche. “Le autorità locali la smettano di ripetere a pappagallo che non c’è alcun pericolo e stabiliscano dei valori limite per il contenuto di PFAS nell’acqua potabile visto che l’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva sull’acqua potabile lascia a loro il compito di fissarli”.

 

Il Commissario Potočnik risponde alla richiesta di intervento di Zanoni affermando che “la Commissione non intende modificare la direttiva sull’acqua potabile poiché le questioni sono già soggette alla legislazione dell’Unione e, in caso di rischi per la salute, gli Stati membri sapranno intervenire”. 

 

“Personalmente avrei preferito che l’Ue fissasse standard obbligatori per queste sostanze nell’acqua di tutto il continente, ma visto che alla luce del principio di sussidiarietà spetta ai Paesi membri occuparsene, invito le autorità italiane a regolamentare la loro concentrazione per contrastare l’insorgere potenziale di patologie correlate alla contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche dell’acqua potabile”, commenta l’eurodeputato, che il 1 ottobre ha presentato una seconda interrogazione alla Commissione europea per informarla della preoccupazione di una trentina di medici, gran parte membri dell’ISDE (International Society of Doctors for Environment), che chiedono con urgenza un progetto di screening sanitario della popolazione residente nei comuni coinvolti suggerendo la collaborazione di esperti indipendenti e possibilmente ponendo i relativi oneri a carico degli inquinatori.

 

Zanoni aveva anche chiesto a Bruxelles di rendere noti i risultati del monitoraggio stabilito con la raccomandazione della Commissione del 17 marzo 2010 relativa al controllo della presenza di sostanze perfluoroalchiliche negli alimenti. Questa la risposta del Commissario Ue Potocnik: “Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) sono un ampio gruppo di composti. Il monitoraggio svolto (Perfluoroalkylated substances in food: occurrence and dietary exposure. EFSA Journal 2012) sulla scorta della raccomandazione 2010/161/UE ha dimostrato che l’esposizione a tali sostanze attraverso il consumo di alimenti (compresa l’acqua potabile) varia fino a un massimo del 19% della dose giornaliera ammissibile (DGA) per l’acido perfluorottano sulfonato e un massimo del 2,1% per l’acido perfluoroottanoico. I prodotti che contribuiscono maggiormente all’esposizione alimentare sono il pesce e altri frutti di mare, la frutta, la carne e i loro derivati, ma notevoli sono le variazioni in termini di esposizione a seconda degli studi e delle fasce d’età e delle diverse abitudini alimentari.. La produzione e l’uso di acido perfluorottano sulfonato e dei suoi derivati sono attualmente vietati dal regolamento (CE) n. 850/2004 relativo agli inquinanti organici persistenti, che prevede una deroga solo per cinque casi minori”.

 

NOTE

 

Una campagna di misurazioni dei pozzi eseguita a livello nazionale dall’IRSA (Istituto di Ricerca sulle Acque), braccio operativo del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), ha rilevato che le acque potabili di circa trenta comuni del Veneto sono contaminate da sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS). I comuni interessati si trovano principalmente nella zona ovest della provincia di Vicenza e in particolare nelle valli dell’Agno e del Chiampo e nel bacino del fiume Fratta che confluisce nel canale Garzone, ma anche in alcune zone confinanti delle province di Padova e Verona. Secondo quanto riportato dai media, in alcuni casi la concentrazione di alcune tra queste sostanze supererebbe i 1.000/1.500 ng/l (nanogrammi per litro), arrivando a sfiorare soglia 2.000 ng/l in un pozzo poi chiuso di una zona industriale di Vicenza. Tali composti del fluoro vengono utilizzati per impermeabilizzare tessuti, carta, contenitori per alimenti. L’Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto (ARPAV), ha individuato la fonte della contaminazione negli scarichi di un’industria locale.

  I medici riferiscono di uno studio scientifico statunitense su un analogo caso di contaminazione in base al quale i soggetti con concentrazioni più elevate di sostanze perfluoroalchiliche nel sangue contraggono con maggiore frequenza cancro dei reni, cancro dei testicoli, ipercolesterolemia, malattie della tiroide, ipertensione della gravidanza/preeclampsia, colite ulcerosa. Alcuni studi italiani suggeriscono la probabile correlazione tra esposizione a tali sostanze e infertilità maschile e femminile. Altri studi internazionali dimostrano la probabile associazione e correlazione in relazione a malattie cardiovascolari, ictus cerebrale, diabete, linfomi e leucemie. Secondo i medici nella zona contaminata si rilevano un maggiore numero di decessi e un più significativo consumo di farmaci e di risorse sanitarie rispetto ad altre aree in Italia.

 

Ufficio Stampa Eurodeputato Andrea Zanoni

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