ANDREA

ZANONI

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Veneto alluvionato, perché il nostro territorio è diventato così vulnerabile?

Il 1° novembre scorso il Governatore del Veneto Luca Zaia ha dichiarato che “oggi il Veneto è più sicuro”. Dopo nemmeno due settimane ci troviamo di fronte a terribili inondazioni, acqua alta, fiumi a rischio straripamento e  tanta paura. Lo spettro del disastro naturale del 2010 incombe sul nostro Veneto.

 

A questo punto la domanda sorge spontanea: cosa ha fatto la Regione in questi due anni per far dire a Zaia che il Veneto oggi è più sicuro?

 

A Venezia siamo di fronte alla sesta alta marea per altezza dal 1872 con l’acqua che ha invaso il 70% del centro storico mettendo in difficoltà abitanti e negozianti. A Vicenza si è sfiorata l’esondazione, con un livello massimo di 6 metri del fiume a Ponte degli Angeli dopo ore che avevano fatto temere il ripetersi dell’alluvione di inizio novembre 2010. A Padova è attesa la piena del Bacchiglione e gli argini del fiume sono tenuti sotto controllo per paura di cedimenti soprattutto a Voltabrusegana e Paltana. Oltre 200 gli interventi a Belluno: tutta la provincia è stata colpita da esondazioni di torrenti e fiumi che hanno causato allagamenti e smottamenti dall’alto Cadore fino a Feltre. Una ventina gli interventi a Verona, nella zona di San Bonifacio e Monteforte d’Alpone, dove il torrente Alpone si è alzato quasi a livello di guardia, ma sta ora diminuendo. Nella mia Treviso sono decine gli evacuati vicino al Piave e al Livenza. Insomma, caro Zaia, sei proprio sicuro che “il Veneto oggi sia più sicuro”?

 

Com’è possibile che da qualche anno a questa parte la nostra regione sia diventata una zona così a rischio inondazioni? Com’è possibile che delle semplici piogge autunnali, sia pur molto abbondanti, mettano a rischio i nostri fiumi e la tenuta stessa di tutto il territorio?

 

La risposta va cercata in decenni di cementificazione ed edilizia spregiudicata in tutta la Regione. A causa delle colate di cemento gettate per chilometri e chilometri quadrati, capannoni sparsi alla cieca nelle nostre campagne, disboscamenti irrazionali in tutta la regione e sfruttamento criminale del suolo ha trasformato anno dopo anno il nostro Veneto in una distesa inerte e, appunto, impermeabile. Una “plastificazione del suolo” che ha, tra i vari effetti, quello di impedire il naturale assorbimento delle acque piovane da parte del terreno. Ecco allora che i fiumi si ingrossano, gli argini non reggono più e l’acqua affoga campagne e città.

 

Purtroppo l’amministrazione regionale, oggi Zaia ieri Galan, si è rivelata sorda a questi argomenti. Lo testimoniano i mega progetti di cemento che la Regione cerca di volta in volta di imporre a noi veneti, come il mega complesso di Veneto City, progetti contro i quali noi cittadini siamo costretti a stracciarci le vesti. Questa mancanza di comprensione, questa miopia politica e questa irresponsabilità ambientale ha come unico effetto quello di rovinare il nostro patrimonio naturale e di mettere tutti i veneti a rischio calamità naturali come quella che stiamo vedendo.

 

Alla miopia politica si aggiunge la sordità alle indicazioni di Bruxelles, ma questa non è una novità.

Secondo l’Agenzia europea dell’Ambiente, da metà degli anni ’50 del secolo scorso, la superficie totale delle città Ue è aumentata del 78%, mentre la popolazione è cresciuta solo del 33%. L’impermeabilizzazione del suolo, ossia la copertura del terreno con materiali impermeabili, è una delle cause principali di degrado del terreno perché incide sui terreni agricoli fertili, sulla biodiversità, aumenta il rischio di inondazioni e di rarefazione delle risorse idriche, contribuendo al riscaldamento climatico. Per questo il 24 maggio 2012 il Parlamento europeo ha approvato la relazione “Stop Cemento 2050”, con cui ha previsto di azzerare la cementificazione dei terreni agricoli entro il 2050. 

 

Per questo la chiave di volta è sbloccare la Direttiva quadro per la protezione del suolo tutt’oggi bloccata in Consiglio per la mancanza di una maggioranza qualificata nonostante il sostegno di 22 Stati membri. Questo mancato accordo costituisce un grave freno al cammino verso una maggior protezione dei suoli”. Per questo ho presentato un’interrogazione al Commissario Ue all’Ambiente Janez Potočnik.

 

Ma in attesa di un quadro legislativo europeo più definito, anche le amministrazioni regionali e locali possono fare qualcosa. Ad esempio dire subito No a obbrobri di cemento come Veneto City oppure prendere alla lettera l’invito di Giuseppe Spagnol, presidente provinciale della Fiaip (la federazione degli agenti immobiliari), che ha chiesto lo stop alla costruzione di nuove case, incentivi alle ristrutturazioni e ritorno a destinazione agricola delle aree edificabili non utilizzate.

 

Eppure la protezione del territorio per la Giunta Zaia resta tabù. Il risultato è che oggi stiamo contando i danni sperando di non dover fare lo stesso con i morti, come purtroppo sta succedendo in Toscana.

 

Andrea Zanoni

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