ANDREA

ZANONI

Consigliere Regionale

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Stress test nucleari, bocciate le centrali europee

Se c’è una cosa che è certa dopo la pubblicazione degli stress test sulle 145 centrali nucleari europee, è che l’energia nucleare non è assolutamente sicura. “Che bella scoperta”, starete pensando. In effetti dopo il disastro della centrale di Fukushima in Giappone, gli ultimi dubbi sarebbero dovuti scomparire come neve al sole, eppure non è stato così. I risultati di questi test sulla sicurezza degli impianti europei, seppur addolciti dalle parole di circostanza della Commissione europea, ci fanno capire come, nonostante tutte le associazioni dei Paesi che hanno il nucleare (ben 15!) e le tanto vantate tecnologie di ultima generazione sventolate dalla lobby del nucleare, questa forma di energia resta una bomba ad orologeria per la sicurezza di tutti noi.

 

Secondo gli esperti della Commissione gli standard di sicurezza sono “generalmente elevati” ma “si raccomandano ulteriori miglioramenti in quasi tutti gli impianti”. Tradotto dal linguaggio per forza diplomatico della Commissione, vuol dire che la sicurezza non è garantita assolutamente, anzi. Secondo Bruxelles, i test condotti hanno evidenziato come “non tutte le norme promosse dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica AIEA e non tutte le migliori pratiche internazionali vengono applicate negli Stati membri”.

 

Ma scendiamo nel dettaglio. Le norme attuali sul calcolo dei rischi non vengono applicate in rispettivamente 54 reattori (per il rischio terremoti) e 62 reattori (per il rischio inondazioni). Il calcolo del rischio dovrebbe basarsi su un arco temporale di 10.000 anni anziché sui periodi di tempo molto più brevi che vengono talvolta utilizzati. In 121 reattori ci vogliono strumenti sismici più efficienti, per misurare e dare l’allarme in caso di terremoto. Ben 32 reattori non presentano questi sistemi indispensabili per permettere la depressurizzazione sicura del contenitore del reattore in caso di incidente. 81 reattori non presentano attrezzature d’emergenza conservate in luoghi protetti e facilmente reperibili. 24 reattori non dispongono di un secondo locale di controllo di emergenza.

 

Secondo Greenpeace, in questi stress test non sono stati presi in considerazione fattori determinanti come i casi di attacco terroristico, incidente aereo e un insieme di fattori simultanei come è successo a Fukushima. Chissà infatti cosa avrebbero rivelato questi stress test  se fossero stati considerati tutti questi aspetti fondamentali per verificarne effettivamente la sicurezza.

 

Insomma, la verità è una sola e non c’è argomento che tenga: il nucleare è una forma di produzione energetica pericolosa perché basata su procedimenti che sono pericolosi essi stessi. Si va dalla produzione di scorie radioattive ai possibili black out, per finire con l’impotenza di fronte ad eventi naturali incontrollabili. Il disastro di Fukushima ci ha mostrato quanto gli effetti di un incidente nucleare possano essere devastanti, e questo in un Paese, il Giappone, riconosciuto internazionalmente per efficienza e rispetto delle norme. Effetti che purtroppo continuano tutt’oggi, con mari e pesci inquinati da radiazioni e conseguenze sulla salute umana, sull’agricoltura e gli allevamenti ancora da determinare da qui ai prossimi anni.

 

In Italia abbiamo avuto il coraggio di dire No al nucleare (per la seconda volta) grazie ad un referendum promosso da Italia dei Valori. Purtroppo in Europa non tutti hanno dimostrato la nostra sensibilità. Per questo mi auguro che le carenze di sicurezza accertate dagli stress test promossi dall’Ue – perché di carenze si deve parlare – non finiscano nel dimenticatoio collettivo visto che l’indignazione e la paura del post Fukushima sono ormai passate. Mi auguro che i responsabili europei, i ministri responsabili dei rispettivi Paesi nonché i protagonisti delle compagnie produttrici di energia affrontino questo problema con responsabilità e nell’esclusivo interesse dei cittadini europei.

 

Andrea Zanoni

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