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La Corte Costituzionale impallina le leggi del Veneto e della Lombardia sull’addestramento dei cani da caccia. Zanoni: «Il regalo ai cacciatori si è dissolto come neve al sole»

Con la sentenza 193/2013 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità delle disposizioni di Lombardia e Veneto, che avevano sancito le possibilità di estendere l’addestramento dei cani da caccia su tutto il territorio regionale, prima del periodo consentito e di procedere alla identificazione dei giovani cani mediante tatuaggio. L’eurodeputato Andrea Zanoni ha affermato: «Le modifiche erano frutto dell’ignoranza. Si violava palesemente la Direttiva Uccelli 147/2009/CE e il parere dell’ISPRA»

 

La Corte Costituzionale, con la sentenza 193/2013 depositata il 17 luglio 2013, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle recenti disposizioni di Veneto e Lombardia che avevano sancito la possibilità di estendere l’addestramento dei cani da caccia su tutto il territorio regionale e fuori dai periodi consentiti.

 

In particolare il Presidente Franco Gallo, affiancato dai giudici Luigi Mazzella, Gaetano Silvestri, Sabino Cassese, Giuseppe Tesauro, Paolo Maria Napolitano, Alessandro Criscuolo, Paolo Grossi, Giorgio Lattanzi, Aldo Carosi, Marta Cartabia, Sergio Mattarella, Mario Rosario Morelli e Giancarlo Coraggio hanno dichiarato incostituzionale l’art. 2, commi 2 e 3, della legge della Regione Veneto 10 agosto 2012, n. 31 (Norme regionali in materia di benessere dei giovani cani) e la legge della Regione Lombardia 31 luglio 2012, n. 15 (Modifiche alla legge regionale 16 agosto 1993, n. 26 «Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell’equilibrio ambientale e disciplina dell’attività venatoria»).

 

I rilievi alla Corte erano stati mossi dal Presidente del Consiglio dei Ministri con ricorsi notificati il 2 e il 4 ottobre 2012 e il 16 e il 19 ottobre 2012. In entrambi i ricorsi si contestava la possibilità di aprire l’attività di addestramento cani prima del periodo consentito e su tutto il territorio regionale.

 

In particolare la Regione Veneto aveva inserito nelle attività di movimento dei giovani cani anche quelle necessarie all’esercizio all’attività venatoria. Quest’ultima previsione è stata ritenuta illegittima dalla Corte perché “l’attività è assimilabile in tutto e per tutto alla materia della caccia” e il suo svolgimento quindi, dovrebbe essere consentito solo nelle apposite aree istituite come stabilito dalla Legge sulla Caccia 157/92. La Corte ha chiarito che “la disciplina statale che delimita il periodo entro il quale è consentito l’esercizio venatorio è ascrivibile al novero delle misure indispensabili per assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili, rientrando nella materia della tutela dell’ambiente vincolante per il legislatore regionale”, come già era stato previsto nel parere dell’Istituto Superiore per Ricerca Ambientale (ISPRA).

 

Accogliendo entrambi i ricorsi, la Corte ha dichiarato quindi illegittime le disposizioni. Per il Veneto ha inoltre ritenuto illegittima anche la norma che consente che si possa procedere alla identificazione dei giovani cani mediante tatuaggio. L’articolo 2, comma 2 della Legge della Regione Veneto n. 31 del 2012, rinviando all’articolo 4 della Legge regionale n. 60 del 1993 (Tutela degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo), nella parte in cui consente, attraverso il rinvio al procedimento di identificazione ai sensi dell’articolo 4 della Legge regionale n. 60 del 1993, che si possa procedere alla identificazione dei giovani cani mediante tatuaggio (piuttosto che mediante microchip), contrasta sia con la normativa comunitaria (articolo 4, comma 1, del Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 998/2003), in violazione dell’art. 117, primo comma della Costituzione, sia con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute (ordinanza 6 agosto 2008 del Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali, da ultimo prorogata con ordinanza del Ministro della Salute del 14 febbraio 2013), in violazione dell’art. 117, terzo comma della Costituzione.

 

L’europarlamentare Andrea Zanoni, vice Presidente dell’Intergruppo per il Benessere e la Conservazione degli Animali al Parlamento europeo ha affermato: «Con questa sentenza si è ristabilita la legalità. I Consiglieri regionali di Veneto e Lombardia avevano voluto fare l’ennesimo regalo ai cacciatori, ma la loro ignoranza in materia gli si è ritorta contro come un boomerang. L’allungamento del periodo di addestramento dei cani da caccia era stato già bocciato dall’ISPRA in risposta ad un parere che ho chiesto personalmente il 10 agosto 2012 in quanto le previsione della Lombardia e del Veneto avrebbero messo a rischio la sopravvivenza di molte specie. Per le stesse ragioni mi ero rivolto anche al Governo invitandolo ad impugnare le due scellerate leggi. La Direttiva “Uccelli” 2009/147/CEE vieta di disturbare, danneggiare e distruggere la fauna con particolare riferimento ai pulcini, cuccioli e nidi nel periodo della riproduzione. Con la legge veneta si sarebbero potuti allenare i cani da caccia per 365 giorni l’anno, anche in primavera quando mammiferi e uccelli sono in pieno periodo riproduttivo con i pulcini e i cuccioli dipendenti dai genitori, mettendo a rischio la loro sopravvivenza, nonché le uova nei nidi, addirittura all’interno delle Zone di Protezione Speciale e nei Siti di Importanza Comunitaria della Rete Natura 2000, dove l’Europa impone la massima tutela per la fauna».  

 

 

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