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Trivelle – Comitato promotore Referendum- Consiglieri regionali Pd e liste civiche del Veneto: “Perché votiamo si: le ragioni di una scelta”

Il Comitato promotore del referendum del 17 Aprile comunica una nota diffusa oggi da consiglieri regionali veneti del Partito Democratico e delle liste civiche, Graziano Azzalin, membro veneto del Comitato Promotore del referendum, Cristina Guarda, Stefano Fracasso, Bruno Pigozzo, Piero Ruzzante, Claudio Sinigaglia, Andrea Zanoni, Francesca Zottis i quali ribadiscono l'appello al voto al referendum del 17 aprile, rivendicando il proprio ruolo nel corso degli anni per questa battaglia.

 

“Già nella scorsa legislatura – spiegano – siamo stati protagonisti di iniziative legislative chiare in questo senso, prima su tutte la proposta di legge statale sulla subsidenza che prevedeva lo stop alle trivellazioni nelle province di Rovigo, Venezia e Padova che è stata approvata a larghissima maggioranza dal consiglio regionale. Su questa linea abbiamo sempre continuato a muoverci in accordo anche con le altre forze politiche, facendo sì che il Veneto avesse un ruolo di primo piano perché attraverso la richiesta di referendum si modificasse la legge sulle trivellazioni. Ed i risultati sono arrivati, con le modifiche introdotte, proprio grazie al ruolo del nostro partito, con la legge di Stabilità 2016, con il recepimento di cinque dei sei quesiti che erano stati formulati”. “Evidenziamo poi il perché della scelta a favore del ‘sì’, innanzitutto perché il significato va ben oltre il singolo quesito sulla durata delle concessioni già rilasciate”.

 

“Un Paese lungimirante investe sulle rinnovabili, così fa per esempio la Germania, e non va a raschiare il fondo del barile su risorse comunque ridotte e che appartengono al passato. Risorse che non possono certo intaccare la dipendenza dalle importazioni e che producono un vantaggio economico a dir poco risibile, vista l'inconsistenza delle royalties, a tutto vantaggio delle compagnie private proprietarie dei titoli minerari e degli idrocarburi che verranno estratti. Che non sono certo 'dello Stato'.”

 

Gli esponenti dei gruppi consiliari dell’area Dem spiegano che “ si sta parlando di un settore con un tasso di occupazione bassissimo e che, invece, rischia di intaccare attività radicate, dal turismo alla pesca. Dalle fonti rinnovabili il nostro paese ottiene già più del 40% del proprio fabbisogno energetico ed è su quelle che bisogna puntare con decisione, consapevoli delle enormi potenzialità che offrono per nuove filiere occupazionali alternative a quelle da dismettere. Nel nostro territorio, in particolare nel Delta del Po, portiamo ancora le cicatrici e sopportiamo i costi derivanti dalle estrazioni di metano andate avanti fino agli anni '60. A chi dice che le trivellazioni non comportano alcun rischio consigliamo di farsi un giro in quei meravigliosi ambienti, facendosi spiegare come a causa della subsidenza, lo sprofondamento del terreno accelerato dalle estrazioni, ogni anno venga speso un milione e mezzo di euro per tenere in funzione le idrovore, che si aggiungono ai 700 milioni di euro per la ricostruzione e l’adeguamento delle opere di bonifica ed ai 3.300 milioni di euro per l’adeguamento degli argini. Proprio per questo motivo, per la salvaguardia di Venezia, dal 1991 è stato stabilito il divieto di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, esteso nel 2002 a tutto il tratto di mare compreso tra il parallelo passante per la foce del fiume Tagliamento e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po”.

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