ANDREA

ZANONI

Consigliere Regionale

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Rio+20, che peccato…

Qualcuno sa che a Rio de Janeiro si sta svolgendo il summit mondiale che deciderà le linee guida dello “sviluppo sostenibile” per i prossimi vent’anni? Purtroppo temo molto pochi. Questo perché, complice la crisi dell’economia mondiale, la crisi del debito dell’Eurozona e forse pure gli Europei di Calcio, la conferenza Rio+20 sta passando assolutamente inosservata, come testimoniano le assenze dei grandi della terra. Insomma, secondo loro, per l’ambiente c’è tempo….un errore madornale.

 

In teoria il summit Onu Rio+20, interamente dedicato allo sviluppo sostenibile, dovrebbe costituire una pietra miliare del mondo che verrà. Le due versioni precedenti si sono tenute più di vent’anni fa (Stoccolma 1972 e ancora Rio de Janeiro 1992). Sul tavolo tutti i capitoli di come salvare il mondo mantenendo costante lo sviluppo dell’economia: riscaldamento climatico, green economy, biodiversità e tanto altro. Peccato che i grandi della terra hanno altro a cui pensare. Basta guardare i nomi dei grandi assenti per capire già che aria tira in Brasile: Barack Obama, Angela Merkel e David Cameron. Assente anche Monti, impegnato in Messico per il G20.

 

Ed è proprio qui il punto: la crisi dell’euro ha oscurato completamente Rio+20 (e per il Presidente Obama, forse, anche le elezioni alla Casa Bianca). Senza nulla togliere all’emergenza della crisi del debito europea e della situazione finanziaria di alcuni Stati Ue, è inaccettabile che un vertice ambientale di tale portata finisca senza vergogna nel cassetto. Anche perché, a dirla tutta, ce n’è sempre una. Stesso destino è toccato al summit sul clima di Durban in Sudafrica lo scorso dicembre, dove Canada, Russia e Giappone si sono sfilati da Kyoto 2 (in aggiunta ai mai pervenuti Usa, Cina e India). Anche in quell’occasione c’era qualcosa di più importante, ancora una volta la crisi economica, ancora una volta il clima poteva aspettare.

 

Intanto le emissioni di Co2 nel mondo lievitano, i disastri naturali si moltiplicano, la biodiversità sparisce e isole intere rischiano di sparire. Basti pensare che, secondo quanto si legge su Nature, nel 1990 le emissioni ammontavano a 22,7 miliardi di tonnellate. Nel 2010 questo valore è salito a 33 miliardi, un incremento del 45 per cento. E nonostante gli sforzi fatti dall’Unione europea con Road map 2050 e strategia UE2020, a livello mondiale il trend non si è affatto invertito. Anzi, il 2010 ha fatto registrare un’accelerazione record, con un incremento del 5 per cento rispetto ai dodici mesi precedenti.

 

Ciononostante di Rio+20 non parla nessuno, ognuno pensa all’Euro, alla Grecia e alla finale dei campionati di calcio europei 2012. Le associazioni ambientaliste come Legambiente, Kyoto club, Greenpeace, Fondazione Symbola, Fondazione sviluppo sostenibile, Wwf, ci hanno provato a scrollare il governo italiano tutto concentrato sul rischio terremoto finanziario (dopo la Spagna l’Italia), scrivendo una lettera al Premier Monti per chiedere “un sistema economico a basso contenuto di carbonio in grado di migliorare il benessere e l’equità sociale, riducendo in modo significativo i rischi ambientali”.

 

Ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, e non mi riferisco solo al Governo Monti. Di Green Economy parlano tutti ma nessuno l’ha mai presa sul serio, tranne a Bruxelles, dove di sforzi se ne fanno eccome, ma poi bisogna convincere gli Stati membri, e qui tornano i sordi. Tant’è che la Green Economy rischia di diventare la grande occasione persa del XXI secolo, il momento in cui avremmo potuto salvare l’ambiente e allo stesso tempo rilanciare l’economia in modo pulito. Forse anche i grandi della terra se ne accorgeranno quando sarà troppo tardi. Ma questa non è una novità.

 

Andrea Zanoni

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