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Infrazione UE per aiuti di Stato a imprese di Chioggia e Venezia

La Commissione europea adisce la Corte di Giustizia UE per il mancato recupero di aiuti di Stato concessi dall’Italia a delle aziende nella zona di Chioggia e Venezia. Eurodeputato Andrea Zanoni: “Se arriveranno le sanzioni chiederò alla Corte dei Conti di far pagare i responsabili regionali e non i cittadini veneti”

 

“Le leggi vanno rispettate. Qui qualcuno ha fatto il furbo e adesso rischiamo di pagarne le conseguenze con gli interessi. Se arriva la seconda sentenza di condanna, saremo costretti a pagare le sanzioni europee. Per agevolare qualche azienda amica in periodo non di crisi, dal 1995 al 1997, rischiamo di pagare 100 volte tanto questi aiuti ricevuti”. E’ il commento dell’Eurodeputato ALDE Andrea Zanoni all’adizione dell’Italia di fronte alla Corte di giustizia dell’Unione europea da parte della Commissione europea per la mancata esecuzione da parte dell’Italia di una precedente sentenza con cui la Corte confermava l’illegittimità di certi sgravi degli oneri sociali concessi alle imprese dei territori di Venezia e Chioggia, i quali costituivano un aiuto di Stato illegale e dovevano pertanto essere recuperati.

 

Dal 1995 al 1997 tutte le imprese situate nelle zone di Venezia e Chioggia hanno beneficiato di riduzioni o esenzioni dal versamento degli oneri sociali per la creazione e il mantenimento di posti di lavoro. Nel 1999 la Commissione ha ritenuto che alcuni di tali sgravi, il cui solo scopo era di salvaguardare posti di lavoro esistenti o che erano stati concessi a grandi imprese operanti in zone che non presentavano svantaggi regionali, erano incompatibili con le norme dell’UE in materia di aiuti di Stato e ha imposto all’Italia il recupero degli aiuti presso i beneficiari (MAGGIORI INFORMAZIONI: IP/99/887). Il regime è stato sospeso a decorrere dal 1° dicembre 1997.

 

Nel 2007 la Commissione ha constatato che l’Italia non aveva adempiuto all’obbligo di recuperare gli aiuti e ha agito nei suoi confronti dinanzi alla Corte di giustizia, la quale, nel 2011, ha stabilito che l’Italia non aveva attuato la decisione adottata dalla Commissione nel 1999 (causa C-302/09). Nel 2012, con una lettera di costituzione in mora, la Commissione ha avvertito l’Italia che se avesse continuato a non ottemperare all’obbligo di recuperare gli aiuti, sarebbe stata deferita per la seconda volta dinanzi alla Corte di giustizia. Dalla risposta dell’Italia risulta che, 14 anni dopo la decisione della Commissione e due anni dopo la prima sentenza della Corte di giustizia, è stato recuperato solo circa il 20% degli aiuti dichiarati incompatibili.

 

Trattandosi del secondo deferimento per il mancato rispetto di una sentenza precedente, la Commissione ha chiesto alla Corte di giustizia di comminare sanzioni nei confronti dell’Italia – spiega Zanoni – Se arriveranno le sanzioni trasmetterò un esposto alla Corte dei Conti affinché a pagare non siano i contribuenti veneti ma i responsabili di questa procedura d’infrazione”.

 

NOTE

 

A norma dell’articolo 260 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), la Commissione può adire una seconda volta la Corte di giustizia qualora risulti che lo Stato membro non si sia conformato a una precedente sentenza della Corte che riscontra l’esistenza di una violazione del diritto dell’UE. Nell’ambito di questa seconda azione, la Commissione può chiedere alla Corte di comminare penalità giornaliere e/o il pagamento di una somma forfettaria agli Stati membri interessati per porre fine all’infrazione.

 

Le imprese che hanno ricevuto un aiuto di Stato incompatibile hanno beneficiato di un vantaggio economico indebito rispetto ai loro concorrenti, che hanno operato senza alcun finanziamento statale. Questo falsa la concorrenza nel mercato unico. Per porre rimedio agli effetti di tale distorsione è quindi importante che i beneficiari degli aiuti dichiarati incompatibili rimborsino tale vantaggio il prima possibile.

 

Nel caso di specie, il mancato recupero degli aiuti da parte delle autorità italiane è in gran parte dovuto al fatto che diversi ordini di pagamento emessi dalle autorità italiane sono stati sospesi dai tribunali nazionali. Per risolvere questa situazione di stallo, alla fine del 2012 l’Italia ha adottato nuove norme che tuttavia non hanno prodotto i risultati previsti.

 

Numerosi beneficiari degli aiuti incompatibili hanno presentato ricorso dinanzi agli organi giurisdizionali dell’UE contro la decisione della Commissione del 1999. Tutti i ricorsi sono stati respinti come inammissibili o infondati. Nel 2011 la Corte di giustizia si è pronunciata in via definitiva confermando pienamente la decisione del 1999 della Commissione (cfr. CJE/11/55).

 

Ufficio Stampa Eurodeputato Andrea Zanoni

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